Alessandro Secchi © 2019

L'origine del paese di Sacco risale ai secoli del Medio-Evo, anche per afflusso di popolazione proveniente dal versante orobico bergamasco. È però a partire dal Trecento che inizia uno sviluppo favorito dal parziale abbandono del fondovalle valtellinese e al processo di spopolamento di Cosio. Allo spopolamento concorsero sicuramente, oltre alla sconfitta politica dei Vicedomini, il cui castello fu raso al suolo dai rivali guelfi Vitani, nel 1304, anche fattori di ordine climatico, che cominciarono a farsi sentire già nell'alto Medio-Evo. Scrive, in proposito, sempre l'Orsini: "Un'analoga tradizione... ci dice che il Bitto scendeva un giorno nella pianura fra Regoledo e Cosio, dando a questa salubrità e frescura. Lo studio attento delle stratificazioni geologiche potrebbe confermare questa tradizione, spiegarci il fatto e anche datarlo con larga approssimazione. Comunque già nell'alto Medioevo il Bitto si apriva un nuovo alveo, profondamente incassato nella forra selvaggia che si inabissa fra Bema e Sacco... Il piano di S. Martino divenne paludoso e malarico, e così pure quello di Cosio. Fu allora che sulla falda montana di Cosio sorsero le attuali frazioni di Roncale, Piantina e Sacco..." (op. cit.).
La celebre "camera picta" di casa Vaninetti, in contrada Pirondini, fatta affrescare nel 1464 da Augustinus de Zugnonibus (ora museo), testimonia del grado di civiltà e della floridezza della Sacco quattrocentesca. Vi si trova un dipinto dedicato al mito dell'homo salvàdego, raffigurato, come nello stemma della Lega delle Dieci Giurisdizioni (che faceva parte della Lega Grigia), ricoperto di folto pelo e con un grande bastone fra le mani.
Ma non è solo la "camera picta" a parlare dei fasti della Sacco rinascimentale: sono altrettanto eloquenti i numerosi affreschi quattrocenteschi e cinquecenteschi negli interni e sulle facciate di diverse dimore. Fasti legati al clima mite (la conca di Sacco è protetta dai venti settentrionali, ha una favorevole esposizione ad est ed è posta ad una quota ideale, che tempera i rigori invernali e la calura estiva) ed alla vocazione mercantile, favorita dalla posizione strategica del borgo, nei cui pressi passava l'antichissima Via del Bitto, importante asse di comunicazione fra Valsassina e Valtellina.
Dal punto di vista religioso Sacco di Sopra fu, dopo l'anno Mille, inclusa nella pieve di Olonio, mentre Sacco di Sotto, dipendente da S. Martino di Morbegno, rientrava nella pieve di Ardenno; alle due contrade corrisposero forse, dal secolo XV e per un certo periodo, altrettante parrocchie, dedicate a San Lorenzo e a Sant'Antonio. La chiesa di San Lorenzo di Sacco di Sopra cominciò ad avere un proprio curato nel 1428, staccandosi dalla parrocchia di Cosio dalla quale dipendeva; a far data dal 21 marzo 1458 anche la chiesa di Sant'Antonio di Sacco di Sotto si separava da Morbegno.
La posizione felice non risparmiò, però, Sacco dai flagelli che colpirono la Valtellina nell'età moderna, in special modo all'inizio del Cinquecento. Nel 1513, cioè l'anno successivo rispetto all'inizio della dominazione delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina, fu un'epidemia di peste a colpire duramente. Qualche anno più tardi, nel 1525, ai tempi delle azioni militari intraprese da Gian Giacomo Medici, detto il Meneghino, per riconquistare la Valtellina, da poco passata sotto la signoria delle Tre Leghe Grigie, Sacco fu saccheggiata dalle truppe dei Grigioni, perché aveva parteggiato per le truppe del Duca di Milano, che avevano tentato di riprendersi la Valtellina calando dalla Val Gerola e dalla Valmadre: fu forse questo episodio all'origine del suo nome, anche se esso può rimandare al significato di "insenatura senza via d'uscita". Sempre a Sacco venne combattuta l'ultima battaglia che segnò la definitiva sconfitta delle mire del Meneghino: il suo capitano Marco Grasso, che veniva dalla Valsassina ed era sceso dalla Val Gerola con 500 archibugieri, venne qui sconfitto dai Grigioni. Il dominio delle Tre Leghe non subì, per il resto del secolo, altre minacce. Fu, quello, il secolo nel quale cominciò un significativo flusso migratorio, che proseguì anche nel secolo successivo e diede un contributo significativo all'economia del paese, verso Genova, Livorno e Napoli.
Nel 1624: a Sacco vivevano 940 abitanti (più del triplo rispetto all'attuale popolazione), a Cosio 530.
Di lì a poco anche Sacco ebbe a subire la più terribile pestilenza dell'età moderna, che si scatenò in Valtellina nel 1629-31 a seguito dell'alloggiamento forzato per alcuni mesi dei lanzichenecchi che scendevano dalla Valchiavenna per partecipare alla guerra di successione del Ducato di Mantova: l'epidemia si portò via quasi metà dell'intera popolazione (secondo alcuni storici, addirittura quasi tre quarti: la popolazione sarebbe scesa da 150.000 a poco meno di 40.000 abitanti).
Il Settecento fu secolo di lenta e graduale ripresa. Nel 1797 terminò, con il congedo degli ufficiali grigioni, la dominazione delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina: la bufera napoleonica, che investiva l'Europa, riportò, infatti, la Valtellina nell'orbita dell'Italia settentrionale, prima nella Repubblica Cisalpina, poi nel Regno d'Italia (1805); nel 1807 a Sacco si contavano 400 abitanti (numero identico o quasi a Regoledo - 400 - ed a Cosio - 402 -). Caduto Napoleone, Valtellina e Lombardo-Veneto furono assoggettati alla casa d'Austria. "In base alla compartimentazione territoriale del regno lombardo-veneto (notificazione 12 febbraio 1816) era prevista la formazione dei due distinti comuni di Cosio con Regoledo e di Sacco. Il deputato di Valtellina conte Guicciardi auspicava il mantenimento dell'unità amministrativa tra le tre località, che avevano pascoli in comune; aggiungeva inoltre che gli abitanti di Cosio e Regoledo per l'aria meno buona d'estate si riducevano in gran parte in Sacco, "e viceversa ai tempi di maggior lavoro nella primavera ed autunno" quelli di Sacco si trasferivano tutti in Cosio o Regoledo "avendovi pressoché tutti promiscua abitazione".La successiva storia del paese è segnata da diverse vicende, che ne testimoniano la persistente vitalità, intaccata, ma non spenta dal processo di spopolamento successivo alla seconda guerra mondiale.
Nel 1913 vi fu una piccola rivoluzione nella vita del paese, che fu per la prima volta allacciato ad una rete di distribuzione dell'energia elettrica. Entrò, infatti, in funzione il località Dosso di Rasura una centralina elettrica che sfruttava le acque del Rio Fiume, fornendo energia elettrica ai paesi di Rasura, Bema, Mellarolo e Sacco.
"Ecomuseo della Valgerola"